SALUTE

Quel senso di colpa nemico della forma.

Tatiana Gaudimonte ci fa riflettere sull'esasperazione moderna per l'allenamento e sulle conseguenze delle diete di restrizione.

Un vecchio detto, attribuito a George Bernard Shaw, recita pressapoco così:
“Le cose migliori della vita o sono illegali o immorali o fanno ingrassare”.

L'ossessione per l'allenamento

Siamo stati educati, nei secoli, a controllare i nostri istinti, per non incappare nella “giusta” punizione. Difficile dunque che, quando ci si accorga di aver accumulato grasso superfluo, non scatti automaticamente il pensiero che tutta quella ciccia sia una sorta di punizione che subiamo a causa dei nostri stravizi.

Questo vale soprattutto per gli atleti, in cui scatta una sorta di ossessione per l’allenamento, allo scopo di ridurre i chili presi in vacanza, dopo un periodo di festività o a seguito di un’interruzione dell’allenamento regolare, per varie ragioni. Se poi ci si mettono anche gli operatori del settore ad imporre divieti spiegando sommariamente che mangiare alcune cose “fa ingrassare” ma senza spiegare davvero perché, il quadro è completo.

Senza riesumare “terapisti” di chiara fama che insultavano al telefono i propri assistiti, basta sentire alcuni allenatori che, per esempio, dicono ai propri atleti di mangiare ricotta ma non mozzarella perché la prima non fa ingrassare e la seconda sì. Confusione e attacchi all’autostima non giovano certo a chi si propone di ritrovare il peso forma o di migliorare la propria performance atletica! Infatti, si rischia di entrare in un circolo vizioso di limitazioni, cedimenti, sensi di colpa e nuove limitazioni ancora più restrittive delle precedenti, il cui risultato finale è un progressivo schiacciamento del metabolismo basale, che “rallenta” ad ogni nuova restrizione, nel disperato tentativo dell’ipotalamo di risparmiare energia, dal momento che non arriva abbastanza nutrimento.
 

L'esasperazione delle diete di restrizione

I dati parlano chiaro: in quarant'anni in cui sono fiorite le più disparate diete di restrizione (1975-2014), la popolazione mondiale di maschi obesi è cresciuta quasi del 700%, quella delle femmine di circa il 400% (Lancet, aprile 2016).

Insomma, forse è il momento di cambiare il modo con cui si affronta il problema, visti i deludenti risultati del passato. Il nostro corpo accumula grasso di riserva per proteggere sé stesso in caso non arrivi abbastanza cibo o non si sia nelle condizioni di procurarselo. Teniamo conto che noi funzioniamo, a livello fisiologico, esattamente come i nostri progenitori cacciatori-raccoglitori del Paleolitico, quando l’unica ragione per cui non si mangiava abbastanza era perché non c’era abbastanza da mangiare!

Se ci mettiamo a dieta di restrizione, quindi, il nostro ipotalamo legge “carestia” e fa in modo di ridurre il più possibile i consumi, mettendo via sotto forma di grasso tutto quello che può. In definitiva, “stringere la cinghia” per settimane allo scopo di perdere chili, magari mangiando cracker di farina raffinata e pasta bianca, è comunque una strategia perdente, perché nonostante possa risultare in una diminuzione del numero sulla bilancia, si tratterà di un risultato temporaneo, frutto di sofferenze fisiche e psicologiche non di poco conto e per le quali il nostro organismo non mancherà di farci pagare il conto con gli interessi, come ha messo in luce lo studio citato sopra.

Una penitenza decisamente eccessiva, anche perché la quaresima è finita da un pezzo smiley

Innocentisti saluti dalla vostra nutrizionista Tatiana Gaudimonte info@loveyourbody.ch

Tatiana Gaudimonte

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