Il Giro d’Italia è una grande occasione di spettacolo per tutti. È una calamita che attrae a sé la curiosità di tantissimi adulti appassionati e di un pubblico fitto di telespettatori, che restano da sempre ipnotizzati dalle gesta eroiche degli atleti. In realtà il Giro d’Italia è anche una grande occasione per i più giovani; è la possibilità per loro di farsi cogliere da un’intuizione, quella di lasciarsi conquistare da questo sport e iniziare il viaggio.
Davide Cassani è Coordinatore Generale di tutte le nazionali di ciclismo e Commissario Tecnico del team dei professionisti. Negli ultimi anni ha scelto di puntare molto in direzione di iniziative che possano contribuire allo sviluppo del ciclismo giovanile e incentivare la pratica di questo sport tra i ragazzi.
Nei suoi 23 anni di vita, la Gran Fondo Davide Cassani è ormai riconosciuta come "la classicissima" d'apertura della stagione del ciclismo amatoriale. È un evento atteso da molti cicloamatori anche e soprattutto per la sua dichiarata mission: favorire e sviluppare la passione del ciclismo fra i più piccoli atleti, quelli della categoria "giovanissimi”. La Granfondo Faenza è un esempio emblematico e un’esperienza interessante e istruttiva nell’ambito delle politiche che guardano ai giovani e allo sport praticato come ad un connubio vincente.
‘L'attenzione alla categoria "giovanissimi" – ci racconta Davide - nasce in me dalla consapevolezza che la pratica di uno sport come il ciclismo costituisce la base di una buona educazione alla salute e alla sicurezza sulla strada. Alcune malattie che oggi si diffondono in maniera esponenziale, come le patologie cardiovascolari e il diabete, si prevengono con grande efficacia se i ragazzi vengono avviati alla pratica dello sport e se vengono educati all’allenamento, alla corretta alimentazione e all’attenzione ai segnali che il corpo manda’.
Come si porta un giovane ad appassionarsi al ciclismo?
‘I giovani si avvicinano al ciclismo, andando a vedere le grandi corse come le tappe come il Giro d’Italia; è proprio vedendo i professionisti che passano vicino a casa che un giovane può appassionarsi al ciclismo. A me, così come a molti grandissimo del ciclismo di ogni tempo, è successo così; mi sono appassionato perché andavo a vedere le corse con il mio papà. A dare un grande contributo è poi la presenza sul territorio di società giovanili e la diffusione della conoscenza della pratica del ciclismo anche nelle scuole’.
Perché credi che il ciclismo possa rappresentare uno sport particolarmente educativo per un giovane?
‘Il ciclismo è uno sport educativo perché, pur essendo uno sport individuale, nel quale un giovane si misura con se stesso, è anche uno sport di squadra che insegna cosa significa fare parte di un gruppo. E’ uno sport formativo perché è una disciplina fatta di tanta fatica e che rivela impietosamente che se vuoi ottenere dei risultati devi impegnarti e sottostare a certe regole. Aiuta a conoscere e capire i propri limiti e le proprie capacità e a sviluppare anche le proprie doti di resistenza. Ma sopra a ogni altra cosa insegna la resilienza, ossia la capacità di superare le difficoltà ed adattarsi agli imprevisti. Credo che questi siano insegnamenti fondamentali nella vita di ciascuno, non solo di un atleta’.
Quale credi che debba essere il corretto approccio a questo sport da parte di un giovanissimo?
‘La pratica ciclistica deve nascere come un gioco e deve rimanere tale fino almeno ai 13 anni; fin quì non si deve parlare di allenamento, ma di gioco, divertimento e apprendimento. Bisogna poi comunque fare attenzione anche all’età biologica di ogni singolo atleta, che spesso non corrisponde a quella anagrafica a questa età. L’allenamento deve essere graduale per non compromettere il futuro. E’ bene che siano praticate più specialità, dalla pista, alla strada e anche la mountain bike. Il ciclismo è uno sport di fatica e quindi non bisogna caricare troppo nelle prime fasi di sviluppo, ma investire invece nelle qualità tecniche, che serviranno poi negli anni successivi. Una cosa che vedo spesso è un’ossessiva ricerca della magrezza anche in atleti tanto giovani. Questo è un errore. Non bisogna assolutamente cercare la magrezza almeno fino ai vent’anni, per consentire uno sviluppo corporeo adeguato che possa permettere poi progressivamente allenamenti più intensi e mirati’.
Davide Cassani
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