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Daniel Fontana:‘Dal ciclismo al triathlon per diversificare il training e scoprire una nuova affascinante disciplina. Ma senza ossessioni!’

Daniel Fontana è il triatleta italiano più titolato di sempre. Due Olimpiadi all’attivo, un titolo di Vice Campione mondiale 70.3 e unico in Italia ad aver vinto due gare del circuito Ironman. È lui a spiegarci perché il passo dal ciclismo al triathlon può essere molto breve e regalare molte soddisfazioni. A patto sempre che si usi la testa e si sappia avere la giusta moderazione.

Conosco bene il triathlon perché nella vita ho avuto la fortuna di potermici dedicare per molti anni a tempo pieno. Il triathlon-praticato è il mio lavoro ancora oggi, anche se è sempre meno un rapporto esclusivo quello tra di noi. Oggi le mie giornate sono piene di molto altro e passo al computer o in riunione con i settori marketing delle aziende con cui collaboro, un tempo molto simile a quello che trascorro in bicicletta, in piscina o con le scarpe da running ai piedi.

Il triathlon è uno sport estremamente affascinante e che permette di diversificare moltissimo il training, tenendo lontana la noia e molto spesso anche gli infortuni. Conosco molti ciclisti, amatori e non, perché spesso mi alleno con loro durante le uscite sui pedali. In tanti anni di attività sono riuscito a convincerne molti a fare il salto verso la multidisciplina e nessuno di loro è mai rimasto deluso. I ciclisti sono sportivi che hanno un grande motore, costruito in anni di training aerobico e addestramento alla fatica. Questo fa quindi di loro degli ottimi triatleti, anche se magari con qualche difficoltà iniziale con il nuoto, ma che si risolve facilmente con un po’ di allenamento.

Tra le tante opportunità che questo sport mi ha offerto e continua a offrirmi, c’è sicuramente il contatto con tutti quei triatleti amatori, spesso ex podisti o ex ciclisti, che fanno del triathlon una grande passione, seppur non la propria professione. Parlo di ‘opportunità’ a proposito di queste relazioni, perché mi è accaduto in carriera di imparare molto di più da loro che dai miei colleghi professionisti.

Spesso i triatleti amatori sono persone che riescono con grandi giochi di prestigio, a ritagliarsi i tempi necessari alla preparazione di gare impegnative come l’Ironman e che conducono uno stile di vita impeccabile e molto ligio ai giusti ritmi per chi si dedica all’endurance. Ho visto negli atleti amatori una ‘professionalità’ quasi ossessiva, che fatico io per primo a volte a sostenere.

Vorrei solo soffermarmi però un attimo su un aspetto.

Se da un lato questo è ammirevole, perché consente ordine e rispetto di una tabella di allenamento molto impegnativa, dall’altro il rischio di scivolare in qualcosa di non completamente ragionevole però, è molto alto.

Per un atleta professionista tutta la giornata è organizzata in funzione dell’allenamento e sono ben bilanciati e alternati i momenti di training e quelli di necessario riposo. L’attenzione è rivolta all’allenamento, tanto quanto al sonno, all’alimentazione migliore, alla corretta idratazione e a una costante fisioterapia.

Questo tipo di regime non è perseguibile per un amatore professionalmente impegnato in ufficio e con dei doverosi obblighi famigliari cui adempiere. È giusto quindi in questo caso imparare a modulare l’impegno, adeguando ragionevolmente le ambizioni ed evitando pericolose derive ossessive.

La scommessa vera, il vero ‘challenge’, deve essere quello di trovare il modo di adattare efficacemente l'allenamento alla vita di ogni giorno. 

Compito di un trainer in questo caso è certamente quello di costruire un piano di allenamento congruente con le agende professionali e famigliari di ciascuno di loro, ma soprattutto insegnare loro le ‘buone pratiche’ dello sport amatoriale. Il successo di un allenamento non è assolutamente determinato solo dal volume di lavoro e dalla quantità di ore di allenamento settimanale. È invece piuttosto il risultato di una combinazione intelligente ed efficace tra qualità e volume, nel rispetto dei metabolismi di adattamento positivo di ciascun soggetto ai singoli carichi. Accumulare fatica in allenamento, stress in ufficio e tensioni a casa è sicuramente il modo migliore per non rendere in gara e stufarsi presto di questo sport.

Il viaggio in questo fantastico mondo che è il triathlon può partire solo ed esclusivamente da questa consapevolezza. Tutto il resto è fatto di marketing, false chimere difficilmente raggiungibili e sicuramente probabili anticamera ad abbandoni precoci e inevitabili delusioni.

Siate intelligenti, moderati e furbi e il triathlon saprà regalarvi alcune delle più belle emozioni che lo sport praticato possa restituire a chi ci si dedica. Buon viaggio!

 

Redazione

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