Parola di Alessandro Ballan: ‘Tutto quello che devi sapere su questa classica, sul pavè e su quello che ha rappresentato per me in carriera’.
Il Pavè e tutto il suo mitologico fascino
Il Pavè ha scritto pagine memorabili nella storia del ciclismo. È il vero protagonista delle classiche del Nord; una superficie tanto poco amata dei ciclisti che ci gareggiano, quanto appassionante per il pubblico dei tifosi che assistono alle corse di primavera del nord Europa. Per il pubblico si tratta della manifestazione più chiara di quel concetto di corridore-eroe che è diventata iconica nella storia del ciclismo di tutti i tempi.
Le grandi classiche sul pavé
Sono tre le classiche più importanti che si giocano su questo tipo di pavimentazione, la Gand-Wevelgem, il Giro delle Fiandre e la Parigi-Roubaix. Del Fiandre abbiamo già parlato la scorsa settimana. Questa volta è il turno della Roubaix; vincere la Roubaix significa entrare nell’Olimpo del ciclismo e personalmente in carriera questa vittoria l’ho cercata più volte, andandoci anche maledettamente vicino. Con questa gara ho un conto in sospeso; tre bonzi che, per quanto prestigiosi, cambierei seduta stante con un solo oro.
Questioni di tecnica: perché è tanto difficile correre sul pavè?
In realtà per un professionista la difficoltà non sta nel terreno sconnesso in sé. Il problema è quando al pavè si associano condizioni climatiche pessime e la pioggia bagna le pietre. La presenza del fango sul terreno o l’acqua piovana possono diventare molto insidiose su queste superfici. Il pavè bagnato diventa come il ghiaccio. Tutto questo diventa ancora più complicato e rischioso in caso di volate o comunque nei momenti più concitati della gara.
Ecco come guidare!
La destrezza sarà la prima freccia al vostro arco indubbiamente, ma qualche accorgimento pratico potrà aiutarvi. Montate copertoncini più grandi possibili, compatibilmente con le caratteristiche del vostro telaio. Il 25 mm dovrebbe essere comunque adatto a quasi tutti i telai, ma se siete fortunati esistono anche diametri maggiori. Quando gonfiate le ruote, evitate pressioni stratosferiche e lasciatele leggermente più sgonfie; questo vi permetterà di rimbalzare meno tra le pietre e sarete più aderenti al terreno. Se scegliete di andare a fare una di queste gare, lasciate a casa le vostre adorate ruote in carbonio; meglio dei cerchi solidi e resistenti in alluminio. Tenete presente che le vibrazioni saranno importanti e potreste risentirne a livello delle braccia e della muscolatura cervicale e dorsale. Esistono in commercio dei sotto-nastri appositamente pensati per assorbire queste vibrazioni. Andranno applicati sotto al vostro nastro. Nella guida cercate di scegliere traitettorie ‘furbe’: cercate di tenere il centro della carreggiata, una pedalata frequente e evitate sorpassi azzardati in mezzo al gruppo. In questi casi molto meglio scegliere dei passaggi laterali.
La mia Parigi Roubaix
Questa è stata una gara che, a malincuore, non ho compreso subito. Mi ci sono voluti alcuni anni per capire che ero portato per quel tipo di corsa. Il primo anno mi sono ritirato perché avevo molto male alle mani; avevo fatto tutta la gara tenendo il manubrio molto stretto sul pavè, invece di lasciare la vibrazione del manubrio su una mano semi aperta per ammortizzare i colpi. Nei primi tre anni sono incappato in cinque o sei cadute, alcune delle quali mi hanno tirato fuori dai giochi subito. Nel 2006 sono arrivato terzo per la prima volta, nella famosa edizione nella quale sono rimasto bloccato a 10 km dall’arrivo dal passaggio a livello insieme a Bonen e ad altri corridori. Sono tornato a gareggiare qui sempre con voglia di vincere e correndo sempre abbastanza bene, senza però azzeccare mai veramente la gara fino in fondo. Ho fatto terzo anche nel 2008 e poi nel 2012, giusto per completare la ‘maledizione del bronzo’ in questa prova. Questa è una gara che necessita moltissima esperienza; bisogna conoscere molto bene i tratti di pavè. Sarebbe stato il massimo per me fare la tripletta con Fiandre, Roubaix e Campionato del Mondo. Resta sicuramente un grande rammarico.
Il consiglio del 'Ballero' che mi porto nel cuore
Ogni vigilia di Roubaix chiamavo Franco Ballerini, allora Commissario Tecnico della Nazionale italiana maschile di ciclismo su strada e purtroppo prematuramente mancato nel 2010. Lui l’aveva vinta più volte quella gara; io lo chiamavo e gli chiedevo sempre qualche consiglio. Un consiglio che mi diede e che è rimasto sempre nella mia testa, anche dopo la sua scomparsa, è stato quello di fare una vera e propria volata all’uscita della Foresta di Arenberg perché lì ci si giocava, a suo avviso la gara. La foresta di Arenberg è un tratto di pavè reso celebre per essere uno dei momenti più impegnativi, se non il più difficile, della corsa. Lui mi diceva ‘Ale fingi che alla fine della Foresta ci sia l’arrivo e lì devi dare tutto. Da lì in poi comincia un’altra gara, ma da lì devi uscire in testa’. Ho cercato sempre di fare quanto lui mi aveva suggerito e la stessa cosa consiglio a voi. Quel tratto di 1,5 km nella Foresta di Arenberg è molto duro e difficile. Domenica vedrete che lì ci sarà un attacco, ne sono praticamente certo.
Alessandro Ballan
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